Pubblico la recensione, un po' ampliata rispetto a quella uscita sul Giornale di Vicenza il 18 giugno 2019, alla raccolta "L'Esercizio Ipsilon" di Stefano Strazabosco.
“L’esercizio ipsilon” (Ronzani
Editore, pagg. 36), la nuova silloge poetica di Stefano Strazzabosco, conferma in
modo evidente l’originalità e la piena maturità artistica del poeta vicentino.
Il dato di partenza è lo sdegno nei confronti di una realtà che appare sempre
più degradata, “cotta e poi / mangiata virtualmente aumentata”, e che l’autore
riesce a rendere con immagini vivide e concrete e nello stesso tempo allucinate
e visionarie. Emerge così un mondo in fluida metamorfosi, che ha rimosso
“l’emergenza / con una certa urgenza”, in cui ogni logica è sovvertita perché
un caos imbecille e assurdo ha travolto tutto. Quel niente plastificato e
mercificato che Strazzabosco denunciava nell’intenso “P - Planh per Pier Paolo
Pasolini” sembra avere obnubilato del tutto le coscienze, teste mozzate
continuano a guardare le vetrine rotolando, una “cenere bianca” ha coperto gli
occhi. Nel libro si apre una divaricazione tra una generica terza persona
plurale, totalmente omologata e alienata («Attendono istruzioni che
verranno / impartite per tempo. Qualche volta / l’orologio si ferma, sulle
sneaker / Hogan luccicano lustrini neri / e gli esuli pensieri / ritornano
all’ovile sculettando») e un “tu” a cui il poeta si rivolge fin dalla prima
poesia, invitandolo, in modo perentorio, a prendere una posizione, a
dissociarsi dalla corsa verso il vuoto: «Vogliono il baratro, galoppano /
cavalli e cavalieri. Tu, / cosa vuoi». In fondo, il misterioso esercizio ipsilon
del titolo potrebbe alludere ad un bivio (la parte superiore della “Y”, a
livello grafico, richiama una biforcazione) e la necessità inderogabile di una
scelta. Questa profonda carica civile ed etica convive con un amaro e risentito
disincanto che permea i venti testi che compongono la raccolta, ma più in
generale tutta l’opera del poeta, e che si manifesta soprattutto attraverso
l’uso insistito dell’ironia con valore demistificatorio. Ad esempio la
possibilità di un varco si riduce nella poesia “Se” a un “altrove fotoshoppato”.
Qui l’uso ironico dell’attributo trasforma, come nota con acume Paolo Lanaro
nella prefazione, la dimensione metafisica in un bluff filosofico. Ma l’ironia
è dispiegata a piene mani anche per corrodere i luoghi comuni e le frasi fatte,
scombinando la nostra percezione. Emblematici questi versi: «Si
crocifigga / l’animale mondo in uomovisione», invece di “si crocifigga
l’animale uomo in mondovisione”, che lanciano una critica al nostro funesto e
sciagurato antropocentrismo, che ha portato per lo più calamità e guasti. Questa
visione sconcertata sull’animale uomo appare ancora più evidente nella poesia
“Cenere bianca”: «Dormono tutti qui di notte e stanno / col fucile puntato
alla tempia dei cani. / Sulle remote nuvole si accendono / fuochi di
cartilagini, arresti, / certi morti. Qualche volta si toglie / la pelle
all’indiziato, / gli si cavano gli occhi. Si dorme / col pigiama di orsetti in
questa bella / città: quale linea / del bus ha coperto i tuoi occhi / della
cenere bianca, questa notte o l’altra». Qui dopo una serie di immagini di
violenza e ferocia si arriva al pigiama di orsetti che si indossa per andare a
dormire in questa bella città, rimarcando, in modo quasi grottesco, la natura
bipolare dell’essere umano.
Ciò che rende ancora più suggestiva la poesia di Strazzabosco
è lo stile fortemente musicale, ricco di rime e di raffinate tessiture foniche,
che anziché stemperare la critica all’assurdità e alle incongruenze del nostro
tempo, ne accentua l’incisività.
Stefano Strazzabosco (Vicenza, 1964), dopo aver insegnato Lettere alle scuole superiori, ora vive tra la sua città natale e Città del Messico, dove lavora come professore di Letteratura italiana a contratto presso la UNAM (Universidad Nacional Autónoma de México), l'Istituto Italiano di Cultura e altre istituzioni. Ha pubblicato saggi, traduzioni, il monologo teatrale Tina. Masque su Tina Modotti (2007 e 2016) e le raccolte di poesia Racconto (1995), Dímmene tante (2003), Blister (2009), 66 (2013), P - Planh per Pier Paolo Pasolini (con fotografe di Graciela Iturbide e scritti di Michele Presutto e Juan Gelman, 2014), TT ZZZZZ - Cantos de las hormigas (con disegni di Francisco Soto, 2015), Dimmi (2015), Poemas de bolsillo (2016), Estar (2016), Alba (con una prefazione di Marco Munaro, 2018).
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