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14 luglio 2019

"L'esercizio ipsilon" di Stefano Strazzabosco

Pubblico la recensione, un po' ampliata rispetto a quella uscita sul Giornale di Vicenza il 18 giugno 2019, alla raccolta  "L'Esercizio Ipsilon" di Stefano Strazabosco.


“L’esercizio ipsilon” (Ronzani Editore, pagg. 36), la nuova silloge poetica di Stefano Strazzabosco, conferma in modo evidente l’originalità e la piena maturità artistica del poeta vicentino. Il dato di partenza è lo sdegno nei confronti di una realtà che appare sempre più degradata, “cotta e poi / mangiata virtualmente aumentata”, e che l’autore riesce a rendere con immagini vivide e concrete e nello stesso tempo allucinate e visionarie. Emerge così un mondo in fluida metamorfosi, che ha rimosso “l’emergenza / con una certa urgenza”, in cui ogni logica è sovvertita perché un caos imbecille e assurdo ha travolto tutto. Quel niente plastificato e mercificato che Strazzabosco denunciava nell’intenso “P - Planh per Pier Paolo Pasolini” sembra avere obnubilato del tutto le coscienze, teste mozzate continuano a guardare le vetrine rotolando, una “cenere bianca” ha coperto gli occhi. Nel libro si apre una divaricazione tra una generica terza persona plurale, totalmente omologata e alienata («Attendono istruzioni che verranno / impartite per tempo. Qualche volta / l’orologio si ferma, sulle sneaker / Hogan luccicano lustrini neri / e gli esuli pensieri / ritornano all’ovile sculettando») e un “tu” a cui il poeta si rivolge fin dalla prima poesia, invitandolo, in modo perentorio, a prendere una posizione, a dissociarsi dalla corsa verso il vuoto: «Vogliono il baratro, galoppano / cavalli e cavalieri. Tu, / cosa vuoi». In fondo, il misterioso esercizio ipsilon del titolo potrebbe alludere ad un bivio (la parte superiore della “Y”, a livello grafico, richiama una biforcazione) e la necessità inderogabile di una scelta. Questa profonda carica civile ed etica convive con un amaro e risentito disincanto che permea i venti testi che compongono la raccolta, ma più in generale tutta l’opera del poeta, e che si manifesta soprattutto attraverso l’uso insistito dell’ironia con valore demistificatorio. Ad esempio la possibilità di un varco si riduce nella poesia “Se” a un “altrove fotoshoppato”. Qui l’uso ironico dell’attributo trasforma, come nota con acume Paolo Lanaro nella prefazione, la dimensione metafisica in un bluff filosofico. Ma l’ironia è dispiegata a piene mani anche per corrodere i luoghi comuni e le frasi fatte, scombinando la nostra percezione. Emblematici questi versi: «Si crocifigga / l’animale mondo in uomovisione», invece di “si crocifigga l’animale uomo in mondovisione”, che lanciano una critica al nostro funesto e sciagurato antropocentrismo, che ha portato per lo più calamità e guasti. Questa visione sconcertata sull’animale uomo appare ancora più evidente nella poesia “Cenere bianca”: «Dormono tutti qui di notte e stanno / col fucile puntato alla tempia dei cani. / Sulle remote nuvole si accendono / fuochi di cartilagini, arresti, / certi morti. Qualche volta si toglie / la pelle all’indiziato, / gli si cavano gli occhi. Si dorme / col pigiama di orsetti in questa bella / città: quale linea / del bus ha coperto i tuoi occhi / della cenere bianca, questa notte o l’altra». Qui dopo una serie di immagini di violenza e ferocia si arriva al pigiama di orsetti che si indossa per andare a dormire in questa bella città, rimarcando, in modo quasi grottesco, la natura bipolare dell’essere umano.
Ciò che rende ancora più suggestiva la poesia di Strazzabosco è lo stile fortemente musicale, ricco di rime e di raffinate tessiture foniche, che anziché stemperare la critica all’assurdità e alle incongruenze del nostro tempo, ne accentua l’incisività.

Stefano Strazzabosco (Vicenza, 1964), dopo aver insegnato Lettere alle scuole superiori, ora vive tra la sua città natale e Città del Messico, dove lavora come professore di Letteratura italiana a contratto presso la UNAM (Universidad Nacional Autónoma de México), l'Istituto Italiano di Cultura e altre istituzioni. Ha pubblicato saggi, traduzioni, il monologo teatrale TinaMasque su Tina Modotti  (2007 e 2016) e le raccolte di poesia Racconto (1995), Dímmene tante (2003), Blister (2009), 66 (2013), P - Planh per Pier Paolo Pasolini (con fotografe di Graciela Iturbide e scritti di Michele Presutto e Juan Gelman, 2014), TT ZZZZZ - Cantos de las hormigas  (con disegni di Francisco Soto, 2015), Dimmi  (2015), Poemas de bolsillo  (2016), Estar  (2016), Alba (con una prefazione di Marco Munaro, 2018).

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