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22 luglio 2019

"Emilio Ghione. L'ultimo apache. Vita e film di un divo italiano" di Denis Lotti



(Articolo apparso sul Giornale di Vicenza)

di Fabio Giaretta

Pochi, anche tra gli studiosi e gli appassionati di cinema, ricordano oggi il nome di Emilio Ghione, una delle personalità più interessanti del cinema muto italiano. Dopo avergli dedicato una tesi di laurea, vincitrice del Premio internazionale Filippo Sacchi 2007, e alcuni articoli, il vicentino Denis Lotti, docente di storia del cinema all’Università di Padova, ha pubblicato il saggio Emilio Ghione. L’ultimo apache. Vita e film di un divo italiano (Cineteca di Bologna, 206 pp., euro 14), che rappresenta un contributo decisivo per la riscoperta di questa figura. 
Ghione fu attore, regista, sceneggiatore, scrittore, divo. Fu anche il primo storico del cinema italiano muto, al quale dedicò il saggio La Parabole du Cinéma italien, pubblicato postumo in Francia. In lui si rispecchia la parabola del cinema muto italiano, dal suo massimo sviluppo al suo inarrestabile declino. Lotti ricostruisce con grande rigore la sua vita, le sue opere, il contesto culturale, produttivo e cinematografico nel quale visse, attraverso la minuziosa esplorazione di moltissimi documenti filmici e extra-filmici conservati in archivi italiani e stranieri.  Tra i vari materiali rinvenuti e raccolti da Lotti, grande importanza riveste l’autobiografia di Ghione, Memorie e confessioni, pubblicata a margine della rivista “Cinemalia” da marzo a dicembre 1928, e utilizzata per la prima volta in uno studio sull’attore e regista.
Emilio Ghione nasce a Torino il 30 luglio del 1879. Per tutta la giovinezza segue il mestiere del padre, Celestino Ghione, che di professione fa il pittore, e si specializza nella miniatura. Il debutto cinematografico avviene nel 1909, in un film di cui non si conosce il titolo, nel quale interpreta, per pochi istanti, la parte di un guerriero a cavallo. Ottiene i primi successi personali nel 1911 con La Gerusalemme liberata e Il poverello di Assisi, entrambi diretti da Enrico Guazzoni. La recitazione di Ghione si caratterizza fin da subito per il suo carattere antiteatrale e per la tensione drammaturgica comunicata attraverso l’uso totale del corpo.  Nel 1913 esordisce anche come regista con Il circolo nero e Idolo infranto. Nel 1914 si ha l’esordio cinematografico di Za la Mort, nel film Nelly la gigolette, personaggio che otterrà un enorme successo e a cui Ghione deve buona parte della sua fama. Nella sua vasta filmografia, oggi in gran parte perduta, ma accuratamente ricostruita e analizzata da Lotti, i film che hanno per protagonista Za la Mort sono ben diciassette. Quattro di questi, ovvero Il triangolo giallo (1917), I topi grigi (1918), Dollari e fracks (1919) e Zalamort. Der Traum der Zalavie (1924) hanno la struttura del serial a puntate.
Ghione inventa questo personaggio rifacendosi alle storie degli apache parigini che godono di successo duraturo dalla metà del XIX secolo almeno fino alla prima guerra mondiale. L’appellativo apache viene riferito agli abitanti del demi monde, ovvero i bassifondi degradati di Parigi che tanto spazio hanno in molta letteratura d’appendice. Altre parentele illustri sono quelle con Arsène Lupin e con Fantômas, soprattutto per l’eccellenza di Za la Mort nell’arte del travestimento. La maggioranza dei film della serie vede l’apache nel ruolo di eroe giustiziere e difensore dei deboli. Strettamente connessa a Za la Mort, che nel gergo sprezzante della malavita significa “Viva la morte”, è la figura di Za la vie, compagna dell’eroe oscuro, interpretata da Kally Sambucini, a cui Ghione fu legato anche nella vita. La saga di Za la Mort presenta però varie incongruenze tanto che in alcuni film, come in Sua Eccellenza la Morte (1919), egli non appare come il giustiziere votato alla lotta contro il crimine ma come un apache assassino, senza codice morale. Oltre ai film, Ghione dedicò al suo personaggio più celebre anche due romanzi, Za la Mort, pubblicato nel 1925 e L’ombra di Za la Mort, pubblicato nel 1929.
Tra gli ultimi suoi film vanno ricordati La cavalcata ardente (1925) di Carmine Gallone e Gli Ultimi giorni di Pompei  (1926) di Amleto Palermi e Carmine Gallone. Le interpretazioni che Ghione regala in questi due film rimarranno nella memoria collettiva dei posteri. Gli ultimi anni vedono un graduale declino, per Ghione è difficile ottenere una semplice scrittura anche come comparsa ed è costretto suo malgrado ad accettare di recitare in teatro. Muore il 7 gennaio del 1930 alla presenza di Kally Sambucini e del figlio Piero. La salma è tumulata il giorno 11 gennaio nel cimitero del Verano in Roma, in un loculo ancora presente. Lo scolorito epitaffio recita: portò glorioso per il mondo / il nome dell’arte muta italiana / artista e signore / ne seguì la dolorosa sorte dalla ricchezza giunse alla povertà / l’affetto di pochi fu l’ultima sua gioia.

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