(Articolo apparso sul Giornale di Vicenza)
di Fabio Giaretta
Pochi, anche tra gli studiosi e gli appassionati di cinema, ricordano oggi il nome di Emilio Ghione, una delle personalità più interessanti del cinema muto italiano. Dopo avergli dedicato una tesi di laurea, vincitrice del Premio internazionale Filippo Sacchi 2007, e alcuni articoli, il vicentino Denis Lotti, docente di storia del cinema all’Università di Padova, ha pubblicato il saggio Emilio Ghione. L’ultimo apache. Vita e film di un divo italiano (Cineteca di Bologna, 206 pp., euro 14), che rappresenta un contributo decisivo per la riscoperta di questa figura.
di Fabio Giaretta
Pochi, anche tra gli studiosi e gli appassionati di cinema, ricordano oggi il nome di Emilio Ghione, una delle personalità più interessanti del cinema muto italiano. Dopo avergli dedicato una tesi di laurea, vincitrice del Premio internazionale Filippo Sacchi 2007, e alcuni articoli, il vicentino Denis Lotti, docente di storia del cinema all’Università di Padova, ha pubblicato il saggio Emilio Ghione. L’ultimo apache. Vita e film di un divo italiano (Cineteca di Bologna, 206 pp., euro 14), che rappresenta un contributo decisivo per la riscoperta di questa figura.
Ghione fu
attore, regista, sceneggiatore, scrittore, divo. Fu anche il primo storico del
cinema italiano muto, al quale dedicò il saggio La
Parabole du Cinéma
italien, pubblicato postumo in Francia. In lui si rispecchia la parabola
del cinema muto italiano, dal suo massimo sviluppo al suo inarrestabile declino.
Lotti ricostruisce con grande rigore la sua vita, le sue opere, il contesto
culturale, produttivo e cinematografico nel quale visse, attraverso la
minuziosa esplorazione di moltissimi documenti filmici e extra-filmici
conservati in archivi italiani e stranieri.
Tra i vari materiali rinvenuti e raccolti da Lotti, grande importanza riveste
l’autobiografia di Ghione, Memorie e
confessioni, pubblicata a margine della rivista “Cinemalia” da marzo a
dicembre 1928, e utilizzata per la prima volta in uno studio sull’attore e
regista.
Emilio
Ghione nasce a Torino il 30 luglio del 1879. Per tutta la giovinezza segue il
mestiere del padre, Celestino Ghione, che di professione fa il pittore, e si
specializza nella miniatura. Il debutto cinematografico avviene nel 1909, in un film di cui
non si conosce il titolo, nel quale interpreta, per pochi istanti, la parte di un
guerriero a cavallo. Ottiene i primi successi personali nel 1911 con La
Gerusalemme
liberata e Il poverello di Assisi,
entrambi diretti da Enrico Guazzoni. La recitazione di Ghione si caratterizza fin
da subito per il suo carattere antiteatrale e per la tensione drammaturgica
comunicata attraverso l’uso totale del corpo. Nel 1913 esordisce anche come regista con Il circolo nero e Idolo infranto. Nel 1914 si ha l’esordio cinematografico di Za la Mort , nel film Nelly la gigolette, personaggio che
otterrà un enorme successo e a cui Ghione deve buona parte della sua fama.
Nella sua vasta filmografia, oggi in gran parte perduta, ma accuratamente
ricostruita e analizzata da Lotti, i film che hanno per protagonista Za la Mort sono ben diciassette. Quattro
di questi, ovvero Il triangolo giallo (1917),
I topi grigi (1918), Dollari e fracks (1919) e Zalamort. Der Traum der Zalavie (1924)
hanno la struttura del serial a puntate.
Ghione
inventa questo personaggio rifacendosi alle storie degli apache parigini che
godono di successo duraturo dalla metà del XIX secolo almeno fino alla prima
guerra mondiale. L’appellativo apache viene riferito agli abitanti del demi monde, ovvero i bassifondi degradati di Parigi che tanto spazio hanno in
molta letteratura d’appendice. Altre parentele illustri sono quelle con Arsène
Lupin e con Fantômas, soprattutto per l’eccellenza di Za la Mort nell’arte del
travestimento. La maggioranza dei film della serie vede l’apache nel ruolo di
eroe giustiziere e difensore dei deboli. Strettamente connessa a Za la Mort , che nel gergo
sprezzante della malavita significa “Viva la morte”, è la figura di Za la vie,
compagna dell’eroe oscuro, interpretata da Kally Sambucini, a cui Ghione fu
legato anche nella vita. La saga di Za la Mort presenta però varie incongruenze tanto che
in alcuni film, come in Sua Eccellenza la Morte (1919), egli non
appare come il giustiziere votato alla lotta contro il crimine ma come un
apache assassino, senza codice morale. Oltre ai film, Ghione dedicò al suo
personaggio più celebre anche due romanzi, Za
la Mort ,
pubblicato nel 1925 e L’ombra di Za la Mort , pubblicato nel
1929.
Tra gli
ultimi suoi film vanno ricordati La
cavalcata ardente (1925) di Carmine Gallone e Gli Ultimi giorni di Pompei (1926) di Amleto Palermi e Carmine Gallone. Le
interpretazioni che Ghione regala in questi due film rimarranno nella memoria
collettiva dei posteri. Gli ultimi anni vedono un graduale declino, per Ghione
è difficile ottenere una semplice scrittura anche come comparsa ed è costretto
suo malgrado ad accettare di recitare in teatro. Muore il 7 gennaio del 1930
alla presenza di Kally Sambucini e del figlio Piero. La salma è tumulata il
giorno 11 gennaio nel cimitero del Verano in Roma, in un loculo ancora presente.
Lo scolorito epitaffio recita: portò
glorioso per il mondo / il nome dell’arte muta italiana / artista e signore /
ne seguì la dolorosa sorte dalla ricchezza giunse alla povertà / l’affetto di
pochi fu l’ultima sua gioia.
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